Andare verso est, oltre i confini della vecchia Europa è un’esperienza che mi riporta ancor oggi in ambienti e situazioni simili a quelle dell’Italia anni 60: gli anni della mia infanzia.
Dal ‘98 vado frequentemente in Romania per lavoro, per turismo e per trovare alcuni amici e collaboratori che risiedono stabilmente in questo paese neolatino di cultura cristiana ortodossa.
Il viaggio in auto è lungo e ogni volta cerco di disegnare nuovi percorsi per scoprire sempre nuovi paesaggi e nuove occasioni.
La Romania in particolare è molto adatta a questa organizzazione di viaggio perché non possiede che pochi tratti di autostrada fatta eccezione per il collegamento fra Pitesti con la capitale Bucharest e fra Bucharest ed il porto di Costanza.
E così, pur di evitare il traffico caotico e pericoloso delle strade di grande percorrenza che la attraversano collegando la Turchia alla Ungheria e la Moldavia e l’ Ucraina alla Bulgaria, scelgo volentieri i percorsi di montagna che si snodano per centinaia di km spesso paralleli alle direttrici principali.
Ogni viaggio è una piccola nuova avventura che cerco di ricordare e fissare nella memoria scrivendo qualche appunto e facendo fotografie.
Oggi voglio cercare di ricordare un viaggio fatto sei anni fa nel mese di agosto nella parte centrale degli alti Carpazi in Transilvania.
Essendo arrivato a Deva provenendo da Arad, il traffico dei Tir era assolutamente imponente e mi obbligava a muovermi lentamente in colonna con lunghe soste a causa di lavori in corso lungo tutta la strada.
Sulla mia destra si iniziavano a vedere i contrafforti delle cime più alte dei Carpazi e così all’altezza di Simeria decido di dirigermi verso la città mineraria di Petrosani passando per Hateg e la regione di Hundeoara.
Sono nel cuore dell’antica Dacia e poco lontano dal mio percorso ci sono le rovine di teatri, edifici e terme romane.
E’ una strada poco percorsa piena di buche ma il traffico qui è molto ridotto, così riesco ad osservare il paesaggio e la vegetazione che cambiano durante il tragitto.
Giunto a Petrosani, nel centro della città, imbocco una strada secondaria che mi dovrebbe portare in alta montagna e poi collegarmi a Brezoi a trentadue km da Ramnicu Valcea.
Inizio a salire verso i siti minerari ormai dismessi fino ad imboccare una gola abbastanza stretta e piena di vegetazione.
Da qui in poi la strada, quasi sempre ghiaiata, si arrampicava lungo la parete della montagna con ampi tornanti che a volte solcavano i pascoli ed a volte si inoltravano nel bosco di abeti.
Dopo circa 1 ora raggiungo il passo a 1575 m. circondato da vette di oltre 2000 m.
Lascio la macchina e mi inoltro a piedi lungo un strada forestale che si dirige verso i crinali più alti.
Qui la solitudine non si sente ma comunque sono solo e mi accorgo di tanto in tanto della presenza di altri animali: si scorge chiaramente dall’analisi delle impronte la presenza del più grosso dei predatori, l’orso.
Dopo un’ora abbondante di cammino raggiungo un punto panoramico che mi consente di spaziare a 360° e mi accorgo che nel fondovalle vicino, a 7-8 km di distanza c’è una grande quantità di gente.
Decido di rientrare alla macchina e inizio a scendere verso l’accampamento che avevo avvistato e, dopo circa venti minuti, raggiungo uno di posti più surreali che avessi mai visto.
In un punto in cui la strada forestale che stavo percorrendo incrociava le strade di alta montagna che di dirigevano rispettivamente a Novaci e a Sebes, per una lunghezza di oltre 2 km si stendeva un accampamento in mezzo al bosco di conifere che sembrava non appartenere alla nostra epoca storica.
Ampie tende ricavate da vecchie coperte sostenute da puntali di abete, carri trainati da cavalli e da buoi, montagne di funghi porcini al fianco di ogni tenda, uomini vestiti con abiti antichi e poco o nulla attrezzati; i fuochi che mandavano colonne di fumo verso l’alto sopra gli alberi; vecchie grondaie che portavano l’acqua lungo tutto l’accampamento prelevandola dal torrente vicino; un odore antico e insolito che raggiungeva la strada ghiaiata nella quale stavo transitando lentamente.
Ho proseguito la mia strada e non mi sono fermato neanche un istante perché non volevo profanare quel posto che avevo avuto la fortuna di incontrare nella sua cruda seppure affascinante verità.
Dopo poco tempo raggiungo il lago di Vidra, uno dei posti più affascinanti dei Carpazi con i suoi 15 chilometri di sviluppo ed i suoi 1400 m i quota.
Lo costeggio per tutta la sua lunghezza e poi decido di abbandonare la forestale e di inoltrarmi lungo un antico percorso minerario che nasce alla base della grande diga.
Incontro un cervo ed un branco di cinghiali e per poco non mi pianto nei terreni argillosi della strada che spesso si porta a livello del torrente.
Per oltre due ore guido senza incontrare né automezzi né persone ed infine, dopo aver attraversato le miniere di terrasite giungo nuovamente sulla strada asfaltata a livello della stazione climatica di Voineasa.
Il paesaggio è sempre estremamente suggestivo, il fiume riforma spesso grandi laghi ed invasi nei quali si scorgono le peschiere.
Un gruppo di cavalli , nel mezzo della strada decide di rallentare nuovamente il mio viaggio e così, dopo circa 8 ore dal momento in cui ho deciso di cambiare strada, riesco ad arrivare nelle vicinanze del mondo più modernizzato, il mondo da cui spesso mi piace evadere.
P.S. La Romania nasconde fra le sue enormi montagne dei gioielli che ci regalano suggestioni ed avventure di altri tempi e di altri luoghi.